[ITA] [ValuePoint, il ruolo del canale] La vostra azienda ha un brand riconoscibile? (con Gianni Catalfamo)

Analisi e valutazioni sulla presenza e sulle attività legate a un ‘personal brand’ su internet e nei social.

Amici del canale, spesso le imprese che si occupano di servizi si domandano come costruire un brand, soprattutto se operano in aree ricche di concorrenti che offrono servizi simili. La risposta consiste nel puntare su qualità e competenza, due attributi del brand che sono sempre e solo passivi, cioè valgono solo se sono i nostri interlocutori ad attribuirceli. Ciascuno di noi però sa, per esperienza diretta, che qualità e competenza di un’impresa di servizi sono rappresentate in massima parte dalla qualità e competenza della persona o struttura con la quale ci troviamo a parlare: lo sportellista in banca, l’impiegato del call center, l’autista dell’impresa di trasporti, il manager dell’azienda. Ecco quindi una prima ricetta di cui tenere conto: “Il brand di un’impresa di servizi coincide con l’insieme dei personal brand dei suoi addetti, e particolarmente del management”.

A prima vista, potrebbe sembrare strano accostare i due termini personal e brand. Gli individui infatti sono esseri unici, irripetibili e concreti, mentre i brand sono costrutti astratti. Per risolvere l’apparente contraddizione basta considerare che uno degli attributi delle ‘persone’ è la loro ‘reputazione’ e che spesso il brand delle imprese commerciali viene definito ‘contenitore di reputazione’. Tutto ciò diventa ancor più indicativo nella nostra età digitale, ove chiunque può farsi velocemente e con poco sforzo un’idea di chi sia la persona che sta per incontrare. La prima osservazione è che la nostra reputazione digitale, e quella delle nostre aziende si costruisce nel tempo, proprio come quella nel mondo fisico. Non c’è nessuna scorciatoia possibile e quando parliamo di ‘tempo’, sono anni, non giorni o mesi. Un modo efficace per affrontare il problema è di dividerlo in due più piccoli, anche se, come vedremo, i due sono collegati.

Problema numero 1: il vostro brand ‘organico’ Per chiarire meglio il concetto di performance organica, facciamo l’ipotesi che una persona voglia proporsi al mercato in veste di consulente. Come prima cosa questa persona (provate a mettere in Google la stringa ‘Gianni Catalfamo’ per seguirci in questo esempio pratico) si deve domandare quale opinione si farà di lui qualcuno che, non conoscendolo, si rivolga a Google. Un primo esame della Search Engine Result Page ci permette già di trarre alcune conclusioni.

L’analisi dei risultati fa emergere le seguenti considerazioni positive.

1. Tutto ciò che appare nella prima pagina della Serp è di sua proprietà, oppure lui vi ha contribuito significativamente. Dato che non si tratta di una figura controversa, come per esempio un uomo politico, non corre il rischio che qualcuno si prenda il disturbo di creare una pagina che lo attacchi. Avere solidamente in mano la ‘propria prima pagina’ relativa ai risultati che Google presenta è la migliore delle strategie difensive per chiunque.

2. I primi due link portano a LinkedIn e al suo sito personale; in particolare la prestazione organica del sito si giova dell’uso del CMS WordPress, che porta in dote l’ottima performance di questa piattaforma. Le celebrità dovrebbero invece avere sul podio Wikipedia.

3. Non c’è troppo social, a conferma del fatto che Gianni ha anche una vita ‘vera’.

4. Tutte le immagini sono correttamente attribuite.

Non mancano però aspetti negativi, sui quali si può lavorare per migliorare, vediamo brevemente quali sono.

1. L’account YouTube è a pagina 2 della Serp, quindi è praticamente invisibile; ciò dipende dalla limitata attività di Gianni su YouTube, ma se si trattasse di un consulente impegnato nelle arti visive, questo sarebbe un problema.

2. Nella prima pagina manca il link alla pagina autore di Amazon, ma trattandosi dell’autore solo di due saggi relativamente poco diffusi, la cosa non sorprende.

3. Il profilo Facebook di Gianni non è particolarmente in evidenza; questo non sarà un problema se avremo avuto cura di usare Facebook solo come una delle varie piattaforme su cui diffondere i propri contenuti. Infine, alcune considerazioni e suggerimenti in generale che esulano dall’esempio fatto. Il proprio personal brand non dovrebbe mai essere intestato a uno pseudonimo, sia per ragioni etiche, sia pratiche, stante la difficoltà di trasferire poi le prestazioni dallo pseudonimo al nome reale se si cambia idea. Il personal brand dovrebbe riflettere la persona che siete e ciò che avete realizzato nella vostra vita: cercate dunque di non dipendere troppo dal vostro datore di lavoro (nemmeno se siete l’imprenditore o un manager importante di un’azienda), e cercate di bilanciare bene ruoli professionali e interessi personali. Se decidete di scrivere un blog, tenete presente che è una scelta praticamente irreversibile, nulla fa peggiore impressione di chi si stufa subito, e scegliete una piattaforma dalla buona performance organica come Typepad, WordPress, Blogger o Tumblr. Un blog è un modo eccellente per condividere ciò che volete dire, ma ricordatevi di essere costanti, focalizzati – scegliete degli argomenti e rimanete in tema – e di scrivere frequentemente: almeno una volta la settimana.

Problema numero 2: Il vostro brand nei social La scelta che fate dei social dovrebbe rappresentare un po’ gli obiettivi che vi ponete con il vostro personal (o company) brand: molti adolescenti potrebbero pentirsi in futuro di ciò che condividono oggi e c’è da sperare che si diffonda la possibilità su tutti i network della cancellazione totale di un account. Sappiamo però anche che Internet dimentica con difficoltà e i contenuti cancellati potrebbero rimanere in circolazione più tempo di quanto speriamo su servizi di cache. Le vostre foto dopo una notte brava – tanto apprezzate dagli amici – potrebbero rappresentare un ospite sgradito durante un appuntamento da un cliente. In generale, i social che ‘galleggiano’ meglio nelle pagine Serp di Google sono LinkedIn e Twitter; Facebook è poco visibile sia per le impostazioni personali sia perché in generale non va d’accordo con Google. Anche Pinterest e Instagram si comportano bene per le immagini, soprattutto quelle poco adatte a un contesto professionale… Naturalmente i vostri amici – in linea di principio – vedranno tutto ciò che scrivete, dunque attenzione a chi sono i vostri amici; il che porta al vostro ‘social graph’, ovverossia l’insieme delle vostre connessioni che, potenzialmente, è l’elemento più rivelatore di chi veramente siete. Ciò che conta non è tanto la sua dimensione, a patto che non sia eccessivamente limitata, quanto la sua qualità: definite la vostra politica, enunciatela chiaramente e rimanetele fedeli.

Conclusione
Amici del canale, sarebbe bello avere una vostra opinione a riguardo: quale è la strategia migliore promuovere il vostro brand e quello della vostra azienda? Avete un’attività continua sui social? La vostra azienda ha un social media manager interno o esterno (quest’ultima opzione spesso costa meno e rende di più)? Scriveteci e parliamone, oppure contattateci sui social.

[per sfogliare la rivista online clicca QUI]

Leave a Reply