Da decenni, gli esseri umani si affidano a computer per svolgere compiti vitali che regolano accadimenti da cui possono dipendere vita e morte delle persone: controllo del traffico aereo, calcolo della resistenza dei ponti, lettura di codici a barre per la consegna di farmaci, il modo con cui vengono gestiti i semafori.

Tutto è diventato algoritmo, anche la mail che vi ha inviato questo articolo o il motore di ricerca che vi ha portato su questa pagina, ma oggi non assistiamo più solo a procedure deterministiche codificate via software, quanto piuttosto a simulazioni AI basate su LLM (Large Language Model: modelli linguistici di grandi dimensioni), sistemi di intelligenza artificiale addestrati su enormi quantità di dati per comprendere e generare linguaggio naturale.

Un LLM lavora su stringhe di testo, senza vera coscienza o conoscenza nel senso propriamente umano, ma comprende e produce testo in linguaggio naturale e può tradurre o riassumere testi, rispondere a domande, scrivere email, software ed editoriali (non questo!). Nella sostanza, stiamo parlando di analisi probabilistica calcolata ad altissima velocità.

Ognuno di noi può scegliere il proprio LLM preferito. ChatGPT? Claude? Gemini? Altri più specializzati? Non importa quale, poiché ognuno di questi, in quanto basati sulla statistica, può commettere errori. Dovremmo quindi aspettare che siano perfetti prima di usarli? Non credo. Se un mondo ideale fosse lo standard di riferimento, non usciremmo mai di casa. E, anche così facendo, potrebbe arrivare un terremoto e ci cadrebbe il soffitto in testa.

Quando affidarsi all’AI? Due criteri di prudenza

Ci sono alcuni compiti per cui è utile fidarsi dei risultati di un’AI. Li sceglierei secondo 2 criteri di prudenza:

  1. Recuperabile: se l’AI commette un errore, si può tornare indietro senza grandi problemi
  2. Verificabile: è possibile ispezionare il risultato proposto prima di fidarsi

Ad esempio far investire all’AI il nostro intero portafoglio risparmi, senza supervisione da parte di un esperto, sembrerebbe una follia. Ci si accorgerà dell’eventuale errore solo quando sarà troppo tardi. D’altra parte, fotografare la carta dei vini al ristorante e chiedere all’AI di scegliere quello col miglior rapporto prezzo/prestazioni, spiegandone le ragioni, soddisfa entrambi i criteri di prudenza.

Questo è uno dei motivi per cui l’AI impiegata in settori anche critici come la diagnosi medica, è così interessante. Di fronte a un elenco di sintomi e con l’opportunità di aprire un dialogo, un’AI può risultare più smart della maggioranza dei medici di base e il costo di un errore può essere minimizzato, se ci rivolgiamo poi a uno specialista, mentre una sua intuizione potrebbe risultare un salvavita.

Un problema di fiducia?

Il problema è che, col passare del tempo e l’aumento della nostra familiarità con questi strumenti, l’AI tende ad acquisire sempre più la nostra fiducia. Ogni volta che creiamo una proposta commerciale, affrontiamo una decisione o necessitiamo di fare il punto della situazione, c’è uno strumento AI a portata di mano. Ogni giorno, ne miglioriamo uso e comprensione. Col risultato che, quando vediamo che l’AI esegue correttamente il compito assegnatole, siamo portati a fidarci sempre più e a verificare sempre meno, magari passando all’AI compiti che non soddisfano esattamente i criteri di prudenza prima indicati.

Gli errori dell’AI, però, possono essere più irregolari di quelli umani e meno affidabili di quelli dei computer tradizionali, e non ne sappiamo ancora abbastanza per prevederne gli schemi futuri. Quando avremo fatto affidamento solo sull’AI e non avremo più fornitori di servizi o colleghi o collaboratori umani, potremmo quindi rimpiangere una fiducia mal riposta. L’approccio migliore consiste nell’usare l’AI basandosi sulla nostra esperienza e intuizione, senza però accettare la logica della comodità immediata. E ciò significa coinvolgere l’AI in attività che possiamo verificare ed eventualmente correggere.

Un esempio concreto

L’AI probabilistica è utile in molti casi. Ad esempio, nel Talent Recruiting, l’AI può darci un accurato ranking dei candidati sulla base di criteri specifici per ogni incarico:

  • Leggendo l’annuncio di lavoro, si possono estrarre le keyword più rilevanti per lo specifico ruolo cui dare pesi correlati al tipo di job e azienda
  • Leggendo i materiali forniti dal candidato (CV, profilo Linkedin, altro), l’AI sarà in grado di darci rapidamente un ranking. Se l’AI è stata ben tarata, assai probabilmente il 1° profilo in classifica avrà un qualcosa in più, mentre l’ultimo qualcosa in meno. Le probabilità che il 1° sia di nostro interesse sono elevate, che lo sia l’ultimo sono minime
  • A questo punto, esamineremo prima il 1° profilo, poi il 2° e così via fino a raggiungere un numero congruo di candidati da intervistare. Se non arriveremo a leggere gli ultimi profili in fondo alla classifica, pazienza. Avremo comunque identificato un ottimo numero di persone di valore in un tempo accettabile

Quindi, ritornando all’analogia del chiedere all’AI di scegliere il vino al ristorante, in ottica Talent Recruiting, se proprio l’AI non avrà scelto il candidato perfetto per noi, avrà comunque scelto un set di profili adeguati, rapidamente e semplicemente. E tanto ci sarà bastato.

Ne vogliamo parlare?

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