I tipografi non amavano le stampanti laser. I fotografi di matrimoni e natura detestano fare foto con il cellulare. I musicisti sono indignati dal fatto che l’AI stia producendo musica mediocre. Alcuni autori hanno chiesto agli editori di rifiutarsi di utilizzare l’AI nella progettazione delle copertine dei libri e nella registrazione degli audiolibri.
È comprensibile, ma temo si tratti di battaglie perse in partenza. Si dice che Platone fosse contrario alla scrittura perché avrebbe distrutto la nostra capacità di memorizzare. E i monaci amanuensi sicuramente pensavano che la stampa di Gutenberg rappresentasse la fine di una certa civiltà. Eppure ci sono famosi chitarristi che usano accordatori elettronici, giornalisti professionisti che non possono fare a meno del controllo ortografico, fotografi di livello che traggono vantaggio dall’ultimo modello di fotocamera digitale mirrorless.
La produttività vince
Dobbiamo ricordare che la produttività vince sempre. Quando si crea più valore in meno tempo, il consumatore ne trae vantaggio. A tutti piace guidare su strade ben asfaltate, ancora meglio se asfaltate da macchinari specializzati invece che col badile. O guidare con l’aria condizionata invece di camminare sotto il sole d’estate. In casa abbiamo il frigorifero e il congelatore e scriviamo al computer. Quando scriviamo su carta, lo facciamo con la biro, non con la penna d’oca.
Con l’espandersi del ruolo dell’AI, la vera opportunità è trovare un modo per utilizzare lo sforzo umano per creare valore. L’era industriale ci ha spinto a essere meno umani, a essere ingranaggi di una macchina produttiva. La scuola ha fatto sì che non si studi per il desiderio di imparare, bensì per passare l’esame e l’esame stesso è un artefatto di un controllo di qualità di fabbrica. Il team delle Risorse Umane (HR) non è stato inventato per il bene delle persone, bensì per rendere le aziende più produttive.
Il cerchio si chiude. Oggi abbiamo un computer instancabile che svolge rapidamente i lavori per cui siamo stati formati. Controlla le fatture come un ragioniere, aggiusta i testi come un editor, scrive il software al posto del softwarista. E allora quale lavoro ci rimane? Nei 150 anni trascorsi dall’avvento della fotografia, il lavoro della maggior parte dei pittori è scomparso. Per ricordare un volto o un paesaggio, si scatta una foto con quello strumento che tutti abbiamo in tasca o in borsetta. Ma, allo stesso tempo, la professione del pittore non è morta. A quanto pare, esiste ancora oggi un mercato per opere d’arte potenti e memorabili, anche se non così immediate da produrre come una foto fatta col telefono.
Un mondo dove il lavoro viene ridefinito
I sistemi che creiamo sono potenti e duraturi. Le prime strade pavimentate furono create dagli antichi Romani che collegarono il loro vasto impero, utilizzando tecniche avanzate per l’epoca, come ponti, gallerie e viadotti. Dopo duemila anni, il concetto di strada come l’hanno definito i Romani, sostanzialmente persiste. Possiamo quindi volere credere di avere voce in capitolo sul fatto che l’AI sostituisca o meno gli elementi fondamentali del nostro lavoro. Ma non è così. Il nostro destino è segnato e procederà nella direzione della massima convenienza. Se è conveniente (non necessariamente economico o rapido; Il pittore oggi non è né economico, né rapido), si affermerà.
L’unica cosa che possiamo cercare di influenzare è come vivere in un mondo in cui il lavoro viene ridefinito. Probabilmente la risposta consiste nel concentrare le energie su come gli scenari futuri ci daranno la possibilità di fare il nostro lavoro. Magari in modo diverso, ma comunque importante. Un lavoro che offra valore ai clienti che ci tengono e a cui teniamo. Le parole chiave sono valore e clienti. Il resto è contorno. Ne vogliamo parlare?
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