Prima di innamorarsi di una tecnologia e investire è meglio valutare le cose con discernimento. I rischi di cui tener conto soprattutto se si pensa di aver bisogno di finanziamenti.
Amici del canale, fino a non molto tempo fa, ogni settimana avevamo notizia di nuove startup focalizzate sui Big Data. Gli imprenditori si congratulavano con se stessi per aver saputo sfruttare il vento a favore nel mercato e sembravano sorpresi del timore di alcuni sul fatto che il mercato dei Big Data diventasse troppo saturo per permettere a tutte le startup di rimanere a galla. Molte startup del settore Big Data non sono poi però riuscite a raggiungere la cosiddetta ‘velocità di fuga’ (quella che ti fa andare in orbita …) per cui la percentuale di grandi successi è a oggi ancora relativamente modesta. A questo punto si è diffuso un nuovo slogan: non più i Big Data come prossima frontiera, prossimo sogno imprenditoriale, ‘Next Big Thing’. Il posto di Big Data è oggi preso dall’Internet of Things (IoT). Chiariamoci bene. Sono sicurissimo che IoT sarà un successo planetario e che, dopo l’avvento di IoT, il mondo non sarà più come prima. Ciò premesso, mi servirò del concetto di IoT per spiegare quanto può essere pericoloso per le startup e gli operatori del mercato il concentrarsi troppo sul concetto di ‘Next Big Thing’.
I rischi da valutare
Mi soffermerò quindi sui alcuni rischi lampanti; sicuramente ce ne saranno altri, ma già accettare diversi rischi contemporaneamente rappresenta per un imprenditore una scelta da ponderare con attenzione, prima di introdursi in un segmento di mercato. Con ciò non voglio minimamente dire, e nemmeno pensare, che la maggioranza delle startup che punteranno su IoT mancheranno i loro obiettivi, ma è pensabile che la percentuale d’insuccessi delle startup nel settore IoT sarà superiore rispetto a quella di startup focalizzate su altre opportunità comunque grandi, ma meno ovvie che offre il mercato, proprio per i rischi insiti nel concetto di ‘Next Big Thing’. Tenetene conto, soprattutto se pensate di aver bisogno di finanziamenti.
Pericolo n° 1: la legge dei grandi numeri. Capita spesso di sentire che l’IoT si diffonderà a livelli mai raggiunti in precedenza e produrrà innumerevoli opportunità grazie all’enorme percentuale di adozione. Molti citano uno studio di un noto fornitore del mondo ICT che suggerisce che i dispositivi che si collegheranno a IoT entro fine decennio saranno decine di miliardi. Ma, mentre il concetto di Big Data stava vivendo il suo momento di massima popolarità, parecchi imprenditori citavano uno studio dello stesso fornitore del mondo ICT che dimostrava l’enorme quantità di dati memorizzati ogni anno. I venture capitalist sono ben propensi ad approfondire i discorsi sui ‘grandi numeri’, soprattutto se questi provengono da aziende che non ne sono coinvolte direttamente. Ma non provate a far colpo solo parlando di grandi numeri, quanto piuttosto dimostrate di aver compreso realmente il motivo per cui si dovrebbe credere in quei numeri e dimostrate quindi che le vostre analisi sono una spanna più avanti.
Pericolo n° 2: chiunque ormai ha sentito parlare del concetto di Next Big Thing, per cui ovviamente sono state già finanziate diverse startup implicate in una competizione molto rischiosa e in un mercato particolarmente affollato. Vale la pena raccogliere fondi per finanziare startup IoT considerando gli scheletri di tutte le startup che hanno già tentato inutilmente?
Pericolo n° 3: il concetto di Next Big Thing potrebbe non creare un mercato a sé stante. IoT consiste in una serie di protocolli di comunicazione, calcolo e archiviazione che vengono integrati in una moltitudine di ambienti e dispositivi (oltre ai classici impianti residenziali): automobili, serrature, piattaforme industriali, fabbriche e così via. Il rischio risiede nella specificità dei mercati di questi dispositivi: queste varie apparecchiature si potranno evolvere a ritmi totalmente differenti per ragioni totalmente differenti. Il settore delle reti progredisce magari più rapidamente degli altri, ma integrando una rete IoT in un settore che si evolve molto più lentamente (per esempio gli impianti antincendio residenziali), quest’ultimo settore continuerà a progredire lentamente, per cui le startup IoT rallenteranno progressivamente fino a quando succederà che non riusciranno più a generare crescita e, quindi, capitali di rischio indispensabili per sostenere adeguatamente la crescita.
Possono per esempio venire in mente almeno altri mercati tecnologici secondari per l’IoT: (1) sensori, microprocessori e chip di commutazione in grado di attivare i collegamenti; (2) nuovi protocolli software da creare e integrare in miliardi di dispositivi connessi; (3) servizi cloud per la configurazione, la gestione e l’analisi dei dati prodotti dall’IoT. Questi mercati secondari avranno margini lordi e fabbisogno di capitale differenti. Occorre quindi scegliere un mercato così redditizio da poter finanziare una startup in cui valga la pena investire capitali di rischio. In più, bisogna attendere che gli altri facciano la loro parte, affinché l’intero ecosistema possa produrre grandi utili, perché questo ecosistema si comporta come un circuito seriale. Si tratta, quindi, di un obiettivo di difficile realizzazione nel periodo in cui si dispone solo di capitale di rischio.
Pericolo n° 4: mancanza di statistiche e risultati convincenti. Non ho dubbi che l’IoT sia già diffuso, ma se fosse realmente a regime in pochi minuti, avremmo per esempio saputo dove è scomparso quel tal famoso aereo che invece sembra definitivamente appoggiato in fondo ai mari. La maggior parte dei casi di utilizzo dell’IoT che vengono citati trascura il tracciamento di asset importanti che cambiano rapidamente posizione o qualità, insistendo troppo sul concetto di ‘smart home’. La prima possibilità è interessante; della seconda, invece, se ne parla ormai da troppo e ancora non suscita un interesse travolgente, per cui il rischio è questo: se si parla di una cosa per troppo tempo senza esempi di utilizzo veramente convincenti, gli investitori abbandoneranno inesorabilmente il campo.
Spazio alla valutazione dei rischi e non alle illusioni
Il concetto di Next Big Thing rimarrà un pericolo costante per gli aspiranti imprenditori. Per citare qualche esempio, si pensi all’intelligenza artificiale di fine Anni ‘80 e inizio Anni ‘90 oppure all’energia solare all’inizio dell’ultimo decennio: queste ‘nuove grandi opportunità’ hanno polverizzato molti capitali di rischio, in molti casi senza successo in alcuni altri il successo è arrivato ma da strade diverse da quelle immaginate dagli innovatori che invece sono rimasti a secco… Un consiglio finale: prima di dedicare molti anni della vostra vita a coltivare una ‘nuova grande opportunità’, analizzatene a fondo i rischi e sinceratevi di avere un piano ben preciso per poterli aggirare. E tu, amico del canale, quale è la tua Next Big Thing? Stai ancora vendendo server e notebook, o magari tablet al loro posto, oppure hai un tuo sogno? Stai creando qualcosa di nuovo? Ce ne vuoi parlare da queste colonne?
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