Il lavoro come lo conosciamo oggi ha un futuro?

Una delle caratteristiche salienti del contesto imprenditoriale degli ultimi anni è stata la necessariamente accresciuta attenzione delle aziende verso i dipendenti. La loro salute, i loro valori e le convinzioni, le loro capacità di essere performanti, le loro preferenze su quando, dove e come lavorare, sono fattori saliti a livello di importanza nelle agende dei manager.

Però, con le segnalazioni di riduzioni della forza lavoro ormai all’ordine del giorno – Salesforce, Amazon e Goldman Sachs sono tra coloro che hanno recentemente annunciato significativi tagli – vale la pena chiedersi: la preoccupazione delle aziende per i desideri e il benessere dei dipendenti diminuirà con l’aumentare della debolezza del mercato del lavoro?

Un nuovo rapporto appena pubblicato da Deloitte (2023 Global Human Capital Trends) offre una nuova visione sul motivo per cui il cambiamento potrebbe essere inferiore a quanto suggerito dalla brutale economia di mercato. Secondo Deloitte, è proprio la natura e forma fondamentale del lavoro che sta cambiando e, di conseguenza, le organizzazioni dovranno abbandonare l’illusione di poter avere un controllo completo poiché i lavoratori assumeranno sempre maggiore influenza e responsabilità per i risultati organizzativi e sociali.

Al centro di questo cambiamento, afferma il report, c’è un allontanamento dalla nozione di lavoro (ruolo), inteso come insieme predefinito di responsabilità funzionali assegnate a un lavoratore. Ciò aveva senso in un momento in cui il cambiamento era lento e i lavoratori erano come ingranaggi di una macchina industriale. Ma, nel mondo di oggi, comincia a imporsi un approccio basato sulle competenze nella gestione del lavoro e dei lavoratori. Un grado di autonomia e flessibilità molto più elevato è essenziale affinché le aziende producano il massimo valore. In estrema sintesi: il lavoro non lo fa più chi era preposto a farlo (parola chiave: ruolo) bensì chi ha gli skill per farlo (parola chiave: competenze).

La variazione non è banale. Oggi come oggi …

  • Chi deve registrare una fattura? Il contabile!
  • Chi deve installare il PC? Il tecnico IT!
  • Chi deve supportare un’azienda in una causa? Il legale!

Tutti ragionamenti basati su ruoli. Ma magari il legale in azienda non c’è e ci si rivolge a un avvocato esterno. Magari il tecnico IT in azienda non c’è e ci si rivolge a un service provider. Magari il contabile c’è però le fatture vengono automaticamente registrate dal sistema ERP e il contabile fa controllo di gestione (quindi un task più pregiato rispetto al pedissequo inserimento di una fattura). E magari non è più necessaria una divisione dei ruoli così rigida. Anche perché, con il cambiare delle esigenze dell’azienda e del mercato, le organizzazioni sono in continua turbolenza e riorganizzazione, che è pratica in sé molto costosa in quanto riorganizzare vuol dire raddrizzare una barca che sta andando fuori rotta, il tutto con gran dispendio di energie.

Una delle conclusioni più interessanti del rapporto di Deloitte è che mentre la maggior parte dei CEO delle grandi aziende americane riconosce la necessità di questo cambiamento (il 93% dei leader aziendali intervistati concorda sul fatto che un allontanamento dall’attuale struttura del lavoro è importante per il futuro successo delle organizzazioni), solo il 20% di loro crede che loro stessi e le loro aziende siano pronti ad affrontarlo. Insomma, la reinvenzione del lavoro è davvero agli inizi.

Potete trovare il report in rete ma le idee che vorrei far passare qui sono soprattutto 3:

  1. Il ruolo dei dipendenti nell’equazione del valore aziendale sta aumentando. Una temporanea recessione economica può causare alcuni cambiamenti a breve termine nel rapportarsi delle aziende con i dipendenti. Ma a lungo termine, l’effettivo coinvolgimento del personale, sfruttando al massimo le sue competenze e disponibilità, non farà che aumentare di importanza e diventerà fattore chiave del successo aziendale. Parliamo quindi di skill matching, formazione, recruiting, onboarding, retention, piani incentivi (il tema è davvero ampio!)
  2. In un mondo che cambia, il lavoro lo fa chi sa (o ha l’inclinazione per) farlo, non sempre e solo chi è preposto a farlo. Questo richiede uno sforzo organizzativo non banale. Anche e soprattutto per avere in casa o nel proprio perimetro di partnership le giuste competenze, quando e come servono. E per liberarsi, purtroppo, delle risorse che non servono più
  3. In un mondo che cambia, la flessibilità è sempre una chiave vincente, sia a livello tattico (tenersi flessibili aiuta a rispondere meglio ai cambiamenti), sia strategico (nessuno è in grado di predire tutti i cambiamenti). Stare (ed essere organizzati per essere) flessibili aiuta a rispondere agli accadimenti, siano essi a impatto positivo o negativo

Tre concetti chiave, forse non facili da digerire subito. Ne vogliamo parlare?

[per leggere l’articolo sulla rivista clicca QUI]

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