Dominare o coinvolgere?

Gli sport organizzati sono giochi di dominio. La corrida, il wrestling, il calcio, l’hockey raccontano di chi vince, chi perde e chi domina. Ma questi sport sono anche momenti in cui si fa gruppo, dove nascono coinvolgimento e affiliazione. I tifosi sugli spalti celebrano unità e divisioni. Le divise e i rituali rappresentano una forma di cultura, sia che questo avvenga nel modo giusto (i cori, la gioia, il divertimento, lo stare insieme), sia in quello sbagliato (la violenza, la prevaricazione, l’insulto).

Nello sport ci sono regole e abitudini. Quando un lottatore di sumo infrange il protocollo, la folla rumoreggia. Quando, sugli spalti, le persone accanto a voi indossano la stessa maglia, nessuno di voi scende davvero in campo ma ognuno sente di far parte di una squadra, è coinvolto in un momento di condivisione.

Una sinfonia musicale ha gli stessi elementi. C’è il coinvolgimento di un gruppo di musicisti intonati e appassionati, una musica familiare e che sappiamo riconoscere, un pubblico attento e che applaude al momento giusto. Ma c’è anche il dominio di un direttore d’orchestra che, con passione e capacità, indirizza le performance degli orchestrali verso i suoi desideri e obiettivi.

Dominare o coinvolgere nelle aziende?

Un modo per capire cosa sta succedendo nel vostro ufficio è di provare a guardare la situazione attraverso le lenti del coinvolgere e del dominare:

  1. Il coinvolgimento si verifica quando inizia a formarsi un pensiero di gruppo, quando ci si chiede cosa penseranno gli altri di una nuova idea, quando progettiamo per il lungo termine, quando siamo premurosi. Quando si pensa: Noi lavoriamo così, noi abbiamo successo così
  2. E questo in contrapposizione al dominio e, a volte, alla prepotenza. Quando vediamo qualcuno prendere scorciatoie pericolose per guadagnare facilmente quote di mercato. Quando un collega viene prevaricato. Quando una buona idea viene derisa (o, quanto meno, non approfondita) perché non porta immediati risultati. La dominazione porta al rafforzamento di caste e stereotipi. Sembra un qualcosa di negativo e da rifuggire eppure è costantemente tra noi. Spesso perché abbiamo un unico obiettivo: Vincere (prima riga della lettera di dimissioni di Andrea Agnelli ai dipendenti della Juventus, 28/11/2022).

Come vogliamo giocare la partita in azienda?

Secondo me, ci sono due modalità:

  1. Il coinvolgimento è il gioco infinito della costruzione della cultura, della sostenibilità, della cooperazione e della resilienza
  2. Il dominio è un istinto, un qualcosa che vediamo in molte situazioni di successo (il leone vince e prospera, l’antilope perde e muore), in particolare quando le regole del gioco tendono a premiare i dominatori, anche se scorretti o prevaricatori. Quando si consente di vincere anche a qualunque costo. Quando l’importante è che vincano i leoni e se le antilopi soccombono è un (tutto sommato) accettabile danno collaterale

Quando vi trovate in una di queste 2 modalità, è facile credere che lo siano anche gli altri. Ma a seconda del tipo di cultura che vi permea, del gioco che state giocando, dello stato in cui vi trovate, potrebbe succedere che non vediate ciò che vedono gli altri. Forse la dominazione premia il breve termine, ma il coinvolgimento, il saper creare un team, di sicuro vince nel lungo.

Entrare in sincronia con gli altri richiede però prima di tutto di far emergere una precisa volontà e consapevolezza. Di fare consciamente il lavoro emotivo di cambiare stato, di entrare nel Noi e lasciare l’Io, ancora prima di passare a parole e concetti razionali. Le domande da porsi:

  • Perché la nostra azienda è sul mercato? Perché esiste? Quale è il suo sogno?
  • Quali valori trasmette? I membri del team li conoscono a fondo? Li hanno fatti propri? Come possono a loro volta trasmetterli ad altri (colleghi, clienti, fornitori) e, al contempo, continuare a nutrirli e farli crescere?
  • Come possiamo fare in modo che la cultura dell’azienda premi una crescita organica e coerente a scapito di strappi e scorciatoie?

Insomma, siamo pronti a fare un vero investimento (anche, e non solo, emotivo) per il futuro del nostro team? A costruire una squadra? Ne vogliamo parlare?

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